Gabriele Poli

Scritti. Frammenti di periferia

Talvolta mi capita quando il tempo me ne concede il privilegio di camminare lungo le strade di questa mia periferia e attraverso stati d'animo dialogare con lei, intensamente.
Talvolta, cammin facendo, raccolgo oggetti e pensieri.
Fra i tanti che conservo v'è un barile.
Ve lo devo descrivere.

Un giorno noto in lontananza tra le sterpaglie di un campo il singolare contorno di qualcosa che se fossi stato in Africa avrei scambiato per un elefante abbattuto.
Avvicinandomi mi rendo conto che in realtà si tratta di un enorme barile ammaccato e rovesciato dal quale fuoriesce come una proboscide un voluminoso drappo di gommapiuma.
Mentre contemplo quell'insieme ingombrante e inoffensivo una sottile lama di sole, filtrata improvvisamente tra le dense e cupe nubi che oscuravano il cielo, colpisce le miriadi di frammenti rimasti impigliati sulla superficie della spugna facendoli riverberare.
Incuriosito osservo, quasi tentando di decifrare i segnali di quel singolare brillio, quando per un attimo lo stimolo visivo si trasforma in sonoro e percepisco come un sommesso brusio di voci indistinte provenire da quella superficie.
Il barile ad un tratto mi appare come un relitto vagante carico di esistenze, perduto e dimenticato ai margini di un universo ridotto ai confini di un campo.
Nel volgere di qualche istante quel baluginio si va spegnendo e io, ridestandomi da quella fantasia, riprendo la mia strada.
Mi volto per raccogliere un'ultima immagine di quell'oggetto e noto, tra le profonde pieghe del drappo, affilate lame di vetro.
Mi allontano.
Trasognato ed inquieto.

Questa è la periferia che conosco: orizzonti disegnati dai profili irregolari delle case, tra margini sfrangiati di campi e aree dismesse.
Sovrapposte a queste linee ripercorro le esistenze, altrettanto frastagliate e marginali, di persone e cose che ho incontrato e conosciuto sul mio cammino.
E' questione di sensibilità e questi luoghi, che molti potranno trovare a ben ragione desolati o ripugnanti, più di altri generano in me emozioni vitali.
E se realmente così non fosse mi basta volgere lo sguardo e vedere la liquefatta incandescenza di un tramonto che si riversa nell'oscure profondità del cielo.
Qui, in questa parte periferia che guarda a sud ovest, certe volte il tramonto ci sorprende con un improvviso vortice di colori.
Forse perché laggiù scorre il Ticino, che riverbera e riflette la sua luminosità su questa estrema propaggine della città.
Degrado urbano e sublime naturale rappresentano uno tra gli opposti e complementari aspetti di questo territorio.
Un territorio dai limiti così incerti e sottili che talvolta mi pare che le sue strade proseguano ininterrotte dentro di me, quasi fossimo un unico, infinito mondo.

Gabriele Poli, 1987 - 2001